Paolo Agaraff

Colofone

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Hanno detto del libro

"Il romanzo è un ottimo pastiche lovecraftiano, divertente e sottilmente inquietante,
che adatta le atmosfere tipiche dello scrittore di Providence a un’insolita,
ma non troppo, ambientazione sarda. L’effetto finale è quello, gradevole
di un “Dieci piccoli indiani feat. Gli abitatori del profondo” [...].
Poco da dire, se non che merita."

Scott Ronson (A.V.)

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"Giallo claustrofobico, incubo lovecraftiano, commedia grottesca sul Ventennio:
ecco gli ingredienti di un libro inconsueto, che contribuisce a (ri)definire
la via italiana all'horror, con intelligenza, talento e personalità."

David Frati, www.mangialibri.com

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"Un esperimento letterario dal fine non comune, sapientemente intriso nel genere
e connotato da un tono grottesco non delimitante."

Matteo Merli, www.scanner.it

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"Nel fruscìo delle pagine s'ode distintamente il respiro del mare."

E. Zann, L'eco di Arkham

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"La vicenda di Isola Mortorio mi ha fatto ghiacciare il sangue nelle vene."

R.M. Renfield, The Independent

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"Una grande storia. Vorrei averla scritta io."

A. Christie

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Recensioni

Lorenzo Trenti ha recensito Il sangue non è acqua per Horror Magazine.

Roberto Sturm ha recensito Il sangue non è acqua per IntercoM.

Chiara Bertazzoni ha recensito Il sangue non è acqua per Thriller Magazine.


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Un "fanta giallo" con humour

Con il precedente Le rane di Ko Samui Paolo Agaraff aveva regalato alla letteratura italiana un racconto di rara originalità e sense of humour, tanto da strappare allo scrittore e critico Valerio Evangelisti lodi sperticate ("Se mi avessero detto che un tema lovecraftiano si sarebbe potuto tradurre in un racconto esilarante, non ci avrei creduto. Ce ne erano stati alcuni esempi e non mi avevano persuaso. Questo mi persuade, eccome"). Insomma, una rivelazione. Ora il fantomatico autore torna alla ribalta con il romanzo Il sangue non è acqua. La casa editrice è sempre la stessa, l'anconetana Pequod, lo stile anche, seppure Agaraff, pseudonimo che cela tre giovani scrittori anconetani, stavolta alza il tiro, shakerando un cocktail che mescola sapientemente giallo e fantascienza, tensione e ironia, in un crescendo inarrestabile di passioni, omicidi, improbabili mutazioni e vicende rocambolesche. Alessandro Papini, Roberto Fogliardi e Gabriele Falcioni, ecco i tre autori all'anagrafe, raccontano una storia che parte da un vecchio diario dalla copertina nera, rigida, con la pelle segnata dalle mani che lo hanno scritto e sfogliato; uno di quei diari che assumono l'aria polverosa e l'odore di muffa delle cantine in cui riposano da decenni. Basta annusarlo per scoprire memorie di storie dimenticate e misteri inspiegabili, basta seguirne le tracce per capire che è proprio lui il protagonista della vicenda, ambientata nell'isola sarda di Mortorio (sic).

Qui sorge villa Eleonora, una vecchia casa a strapiombo su un mare irrequieto e minaccioso, dove si incontrano sette lontani parenti venuti per la lettura del testamento del defunto e quasi sconosciuto cugino Bonifacio. Giunti a destinazione, sono accolti da un inquietante notaio, una dimessa governante e dal figlio Primo. Unico abitante dell'isola è il misterioso pescatore Tziu Afisinu. In un susseguirsi di strani incidenti e morti improvvise il presente sembra a poco a poco chiarirsi attraverso le pagine del diario, ed emergere tra i personaggi un legame in grado di oltrepassare i confini della realtà. Un destino ciclico già segnato o una vera e propria maledizione?

Raimondo Montesi, Il Resto del Carlino

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Fantascienza 2006, l'anno della riscossa

"...L'essere che aveva parlato parve fargli un ultimo cenno, poi si girò nuovamente verso l'uomo appeso alla parete di pietra, e alzò il braccio destro, mostrando all'incerta penombra di quel luogo cupo una mano dotata di lunghi artigli ricurvi. Sembrava intenzionato a straziare ancora quella rosea carne molliccia, invece si fermò in quella posa, si volse verso l'altra ombra al suo fianco e chiese, con un assurdo tono divertito: Che preferisci mia cara, petto o coscia?". In questo stralcio del romanzo di Agaraff, ripreso da un punto che non sveleremo, troviamo tutto il necessario per capire, al di là delle definizioni di rito, la natura dell'opera in esame - luoghi cupi, ombrosi, rocciosi, gotici; creature non umane; comportamenti e parole surreali. Aggiungiamo l'accattivante formato editoriale (illustrazione e grafica di copertina, caratteri di stampa) e avremo un libro da non farsi mancare nella propria libreria personalizzata.

Errico Passaro, Il Secolo d'Italia

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Il sangue non è acqua

Cominciamo dalla fine, perché dalla terza di copertina vien fuori che Paolo Agaraff sarebbe nato tra il 1966 ed il 1969 e se poi si va a cercare chiarimenti sul sito (www.agaraff.com) si legge anche che è uno e trino. Dunque l'inafferrabile identita di Paolo e a scelta fra il trovatello per il maligno, l'entità trascendente per l'adepto o il nome collettivo per il lettore che si appresta a sfogliare un libro scritto a sei mani. Fate voi. Ma c'è un'altra ragione per cominciare dal fondo in quanto e soprattutto nelle ultime pagine che si ha la possibilità di riannodare il garbuglio di fili di una vicenda a tratti spiazzante e surreale, in gran parte marcata da un prete che nel libro riveste in molte pagine i panni del notaio incaricato di convocare in una sperduta isola della Sardegna i cugini Farricorto destinatari di una misteriosa eredita. È difficile interpretare correttamente ciò che un autore pensa - in questo caso poi e addirittura trino - ma è lecito ritenere che notaio-prete o prete- notaio non sia una contraddizione casuale, ma la volonta di sottolineare l'equivoca intercambiabilità di queste due figure istituzionali. Il notaio è il funzionario attraverso cui lo Stato minuziosamente ed invasivamente certifica la privacy del cittadino, cosi come il prete, strumento della religione, esercita il controllo sistematico e puntiglioso sui comportamenti dei fedeli con quel "quante volte figliolola?" d'infantile memoria. E ancora dall'infanzia riaffiora una frase inquietante: xDai segnati, guardati!x. Era il nonno materno a ricordarmelo. Uomo tutto d'un pezzo, d'origine contadina, Cavaliere delllordine di Vittorio Veneto, buono come il pane e innamorato di noi nipoti, ma cresciuto nei pregiudizi della piu bigotta tradizione cattolica, la stessa che parla per bocca del prete-notaio: xDice il Levitico: Nessun uomo della tua stirpe, che abbia qualche deformità, potrà accostarsi ad offrire il pane del suo Dio, ne il cieco, né lo zoppo, [. . .]. Dio aborrisce la mostruosità. E aborrisce gli adoratori di falsi idoli. Per questo la vostra razza deve essere estirpatax. Diversità come marchio d'infamia, diversità come matrice del rifiuto, diversità come origine dell'odio. Dell'odio per il diverso, come bene spiega un altro personaggio, il capitano Marsh profeta di un nuovo ciclo dell'umanità: xL'odio. È stata questa la nostra carta vincente, l'odio cieco e irrazionale per tutto ciò che è diverso da noi, per tutto ciò che non arriviamo a comprendere, un odio scatenato dalla paura, ma e stato anche il nostro limite: e un odio talmente forte che a volte può rivolgersi contro noi stessi come uno squalo che si divora le interiora. Una forza che ci preserva ma ci impedisce di evolvercix. Per enucleare questo tema bisogna impegnarsi a seguire due storie in parallelo ed una sequela di personaggi appartenenti in maniera più o meno diretta alla stessa famiglia, il tutto con uno stile narrativo che si dipana fra un horror talora parecchio splatter ed un noir che rimanda all'atmosfera claustrofobica dei dieci piccoli indiani. Cxè da sperare che il "trino Paolo" si sia divertito a costruire le allucinate vicende dei malcapitati cugini e del bestiario delle figure di complemento riunite nell'incubo collettivo della villa sull'isola, perché il lettore rimane spesso incerto e confuso nel trovare un orientamento plausibile fra gli accadimenti ed il proposito, almeno cosi pare di capire, di affrontare il tema dell'incapacità dei fondamentalismi religiosi a confrontarsi con la diversità. Insomma, intrigante, attuale, ma un po' faticoso.

Marco Accorti, L'Ateo